ARTICOLO A CURA DEL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE DOTT. DOMINGO SUGRANYES – SETTEMBRE 2011

Vent’anni dall’enciclica Centesimus Annus

 

Domingo Sugranyes Bickel

Presidente del Consiglio di Amministrazione

Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice

 

Vent´anni fa veniva promulgata l´enciclica Centesimus Annus; ancora oggi sentiamo la voce energica di quel grande papa dire che “l’uomo è la via della Chiesa”.

 

Per il beato Giovanni Paolo II l´insegnamento sociale non è una mera appendice morale del messaggio, bensì parte essenziale del cammino della fede: “La nuova evangelizzazione di cui il mondo moderno ha urgente necessità … deve annoverare tra le sue componenti essenziali l’annuncio della dottrina sociale della Chiesa, idonea tuttora, come ai tempi di Leone XIII, ad indicare la retta via per rispondere alle grandi sfide dell’età contemporanea, mentre cresce il discredito delle ideologie” (CA 5).

 

L´incipit della Rerum novarum raccoglieva  “l’ardente brama di novità” che si registrava nell’economia sociale nel 1891; sulla scia coraggiosa di Leone XIII Giovanni Paolo II guarda in faccia la realtà senza quella prudenza timorosa che il pensiero cattolico ha talvolta mostrato a proposito del fatto economico: “La Chiesa riconosce la giusta funzione del profitto, come indicatore del buon andamento dell’azienda: quando un’azienda produce profitto, ciò significa che i fattori produttivi sono stati adeguatamente impiegati ed i corrispettivi bisogni umani debitamente soddisfatti. Tuttavia, il profitto non è l’unico indice delle condizioni dell’azienda. È possibile che i conti economici siano in ordine ed insieme che gli uomini, che costituiscono il patrimonio più prezioso dell’azienda, siano umiliati e offesi nella loro dignità” (CA 35).

 

La vita economica e l´indissociabile aspettativa del profitto sono pienamente riconosciute e legittimate, sono fatti necessari. Ma di seguito un´avvertenza: nell´azienda, nella vita economica, coesiste il vero e il falso, la menzogna e la verità, l´abuso è in agguato ad ogni passo. Rievocando il suo predecessore, Benedetto XVI afferma nella Caritas in Veritate: Il profitto è utile se, in quanto mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzarlo. L’esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare povertà” (CV 21).

 

Nel 2008 inizia una “crisi” che oggi ha vieppiù l´aspetto di uno stato di depressione lungo; il contesto economico dei paesi ricchi dell´Occidente ci ricorda quanto sia vulnerabile quell´edificio e quanto possano cambiare in pochi anni i rapporti di forza e le posizioni acquisite.

 

Il rovesciamento della congiuntura ci ricorda che se, come aveva costatato Giovanni Paolo II, l´ideologia marxista ha perso la sua credibilità, c´è un´altra ideologia tuttora arrogante, quella che fa della vita economica un meccanismo autonomo che si autogoverna per il bene di tutti e prescindendo da ogni riferimento esterno. Da qui la denuncia profetica di papa Benedetto XVI: “La convinzione di essere autosufficiente e di riuscire a eliminare il male presente nella storia solo con la propria azione ha indotto l’uomo a far coincidere la felicità e la salvezza con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale. La convinzione poi della esigenza di autonomia dell’economia, che non deve accettare “influenze” di carattere morale, ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo” (CV 34).

 

La voce del Magistero attuale segue la rotta tracciata da Giovanni Paolo II: riconosce pienamente e senza paura l´attività umana e gli incentivi propri dell´economia. Di conseguenza e come ogni attività, essa può essere buona o contraria all’uomo. Si tratta di prestare attenzione alla civilizzazione dell’economia, ci dice Benedetto XVI (CV 38), e di aprire gli occhi su quanto c´è di positivo per costruire nella buona direzione: “La dottrina sociale della Chiesa ritiene che possano essere vissuti rapporti autenticamente umani, di amicizia e di socialità, di solidarietà e di reciprocità, anche all’interno dell’attività economica e non soltanto fuori di essa o “dopo di essa” (CV 36).

 

Tutto ciò non si può fare prescindendo dalla scoperta personale di un cammino, richiede la capacità di discernere ed il coraggio di ognuno nell´ambito che gli compete, secondo il proprio potere decisionale o il raggio d´influenza. La Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice è stata creata da Giovanni Paolo II proprio allo scopo di favorire la formazione sulla scia di quell´importante testo. A distanza di 18 anni, quando ci prepariamo a fare un primo bilancio del lavoro svolto, ci proponiamo di raddoppiare gli sforzi per accrescere ed approfondire una corrente ancora troppo marginale nel mondo economico.

 

Settembre 2011